Con "Cicatrici", ho voluto toccare la superficie di questo ristorante abbandonato, la sua "pelle ferita" e sentire in che modo sia resistita al tempo, quindi dare l’idea che la sublime raffinatezza non stia soltanto nella perfezione, ma che possa essere trovata anche in oggetti semplici che mostrano i segni del tempo che ci fa pensare che il ristorante sia come una coscienza, un soggetto, che ce la fa immaginare come sempre identica a sé nel tempo e nello spazio mostrando la sua fragilità.
La geometria del tempo che scorre, perfetta nella sua imperfezione affascinante nella sua decadenza, storie rimaste intrappolate tra la ruggine e la polvere tra calcinacci e la sporcizia. Comprende sensazioni contrastanti non tutte necessariamente "belle". Malinconia. Fascinazione. Tempo. Oblio. Attesa. Nostalgia di storie sconosciute, di cui non saprai mai nulla ma ti mancano ugualmente, fosse anche solo perché senti che lì, in quel luogo, qualcuno ha vissuto.